Chi è il “bagarino”? e da dove proviene tale definizione? Secondo l’ipotesi oggi più accreditata deriverebbe dall’arabo volgare baggālīn, plurale di baggāl che significa venditore al minuto, bottegaio, rivenditore di verdura, termine giunto in Italia attraverso i commercianti ebrei a Roma.
Quale che sia l’origine, il termine bagarino o bagherino è di origine romanesca e risale almeno al XVIII secolo, quando indicava il rivenditore che faceva incetta di merci a fini di speculazione: il bagarinismo era annoverato tra le attività illegali, pratica che ha da sempre diviso l’opinione dei protezionisti – che la considerano una speculazione da combattere – da quella di alcuni liberisti che la considerano invece (addirittura!) un’espressione del libero mercato.
Oggi, la etimologia da dizionario ci dice: Chi incetta e rivende a prezzo maggiorato i biglietti di un evento; venditore al dettaglio.
Ebbene, nella politica nostrana, assistiamo a scene di bagarinaggio quotidianamente: chi fa incetta di voti nei modi più semplici (il classico do ut des) o più complicati (lobby di influenze), ma – sostanzialmente – il politico accaparra i voti ed è in perenne campagna elettorale, pronto a varcare un cancello (qualunque esso sia, talvolta anche delle patrie galere) che lo tenga in “vita” (politicamente parlando); di qui giravolte e i cambi di casacca, purchè si possa rimanere sulla poltrona parlamentare o anche su uno “scannetto” di qualche ente pubblico.
La scenografia di questo teatrino varia dai massimi consessi parlamentari a quelli più umili di qualche assemblea comunale, ma la tipologia appare ormai standardizzata: il “Cetto la qualunque” ha preso il sopravvento nella iconografia della nostra classe politica, mediamente populista, mediamente corrotta, mediamente scarsamente acculturata.
Specchio dei tempi? Forse. Certo l’elettorato ha abbassato notevolmente la propria partecipazione e, spesso, risulta disincantato e slegato dalle appartenenze di partito: caduto nel 1989 il Muro di Berlino, le ideologie sono lentamente (ma inesorabilmente) scivolate fuori dalla considerazione delle motivazioni di una scelta politica, dove il voto di scambio è assurto a metodo, nonostante sia stato fatto passare (senza riuscirci) quale reato.
In una società votata alla soporiferazione culturale, la partecipazione politica ha raggiunto livelli infimi, proponendo personaggi inconsistenti e terminali di sistemi al limite della legalità. Siamo al Circo Barnum della mistificazione politica della realtà, con il pubblico – dapprima affascinato da queste giravolte – ormai disincantato di fronte ad affermazioni roboanti ed autocelebrative: un milione di posti di lavoro, un milione di turisti, la sanità per tutti, abbiamo eliminato la povertà, stiamo seminando la rinascita e così via.
Ci stanno vendendo biglietti – a caro prezzo – di uno spettacolo all’ennesima replica, dove bagarini e figuranti sono gli unici attori ed il pubblico è sempre meno presente, afflitto da una realtà quotidiana difficile e “drogato” dal nulla cosmico del gossip televisivo dei pomeriggi domenicali.
In tutto ciò, c’è anche chi rimesta nel passato remoto della mobilitazione generale, facendo sfoggio di una memoria corta delle proprie inadempienze e lo Stato – in tutte le sue articolazioni – resta governato da mediocri fattorini di scenari economici e finanziari esteri; mentre nei Comuni – lontani dai centri di potere politico ed economico – disoccupati cronici amministrano, lacchè dei signorotti locali che maneggiano rifiuti o costruzioni.
Ed il Popolo esclama : “chi dà i biglietti”?
Rocco Suma