Gli americani, quelli che contano e che ruotano tutti (secondo un’opinione abbastanza diffusa nel Nuovo Continente) intorno al Partito Democratico dileggiarono Roland Reagan, divenuto Presidente degli Stati Uniti, per la sua provenienza dal mondo cinematografico. Forse (si ritiene ironicamente da qualche notista politico) perché non si trattava di un attore comico.
E’ giusto pensarlo, d’altronde, se si considera che in Italia e in Ucraina, quegli stessi Democratici hanno confidato nell’opera di due cabarettisti di seconda linea, passati al cinema o al teatro, Beppe Grillo e Volodymir Zelensky, per compiere operazioni politiche (nel caso dell’Italia) o addirittura militari (nel caso dell’Ucraina) utili al mantenimento della posizione egemonica degli States nell’Occidente soprattutto Europeo.
Del conflitto russo-ucraino si è scritto fin troppo e risulta dimostrato ormai che in tale caso i “repetita” non “iuvant”: la guerra infuria, il pane manca…ma sul ponte non sventola bandiera bianca. La novità detta in versi da Arnaldo Fusinato per Venezia non vale per l’Ucraina di Zelensky.
Dell’operazione affidata al comico genovese, si è scritto e si scrive poco (o nulla, quasi). Una sorta di mistero avvolge la sua nascita su piazze e piattaforme, la sua crescita e diffusione tra le masse, il pedigree del suo sistema mass-mediatico di sostegno, e i consensi occulti provenienti da misteriose associazioni d’oltre confine, soprattutto d’oltreoceano e d’oltreManica.
Cerchiamo, allora, di trovare il bandolo di tale matassa, raccontando (a modo nostro, s’intende, visto che anche Wikipediaavverte i lettori dei possibili fake contenuti nella sua versione ) la probabile storia del movimento
Beppe Grillo, genovese di nascita ma di padre siciliano, aprì un suo blog nel 2005 che diventò presto uno dei più frequentati siti webitaliani ( e, per ragioni poco chiare, tra i più visitati al mondo).
Rimasero (e sono) ignote le fonti di finanziamento delle iniziative del comico genovese che spaziavano da suoi, violenti interventi oratori in pubbliche piazze di grandi città (infarciti della parola simbolo: Vaffa! che stava per “Vaffanculo”) fino alla presentazione di liste di candidati alle competizioni elettorali.
Certamente non poteva e non può ritenersi di grande rilievo, sotto il profilo economico, il contributo (pure importante, sotto altri aspetti) di una (quasi ignota al grande pubblico) società informatica ed editoriale fondata da un oscuro imprenditore, Gianroberto Casaleggio, che curava, per circostanze probabilmente non fortuite, anche il blog di Antonio Di Pietro, l’artefice della defenestrazione politica, per via giudiziaria, di Bettino Craxi, poco amato, con buona evidenza, dagli Statunitensi.
Dalla collaborazione di Grillo con il sedicente guru politico Casaleggio (coniugato con una cittadina suddita di Sua Maestà britannica) nasceva il Movimento 5 Stelle, il cui ruolo sembrò diventare subito quello di fustigare il Partito Democratico, passato, armi e bagagli, dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la fine della guerra fredda, sotto l’egemonia inglese e statunitense. E ciò, palesemente, a causa della sua chiara e crescente incapacità di reggere ai suoi nuovi compiti.
Grillo ripropose, con istintiva vis politica, tutta la violenza originaria della Sinistra d’opposizione, intrisa degli assolutismi velenosi dell’idealismo tedesco post-hegeliano di fine Ottocento, adeguandola ai nuovi tempi e al linguaggio volgare e becero delle masse uscite dalla rivoluzione che aveva preteso di portare l’ignoranza (detta eufemisticamente:fantasia) al potere.
Come sempre accade in ipotesi analoghe, la rozzezza del Movimento sedusse e coinvolse intellettuali della penna e della scienza (o pseudo tale), rampanti e/o desiderosi di non perdere quelle posizioni di potere, che avevano già acquisito con i vecchi gerarchi filo-stalinisti.
Nacquero, così, giornali fiancheggiatori e alcune reti televisive divennero “amiche”.
La vittoria elettorale consentì al Movimento 5 Stelle di andare al governo del Paese, producendo disastri che si sarebbero potuti essere evitati.
Bastava non scopiazzare riforme già dimostratesi deleterie in altri Paesi (come la Svezia, divenuto, grazie ai tanti anni di malgoverno socialdemocratico, il Paese più invivibile d’Europa) (Vedasi il mio libro: “Helena o la Svezia dell’eugenetica” edito da Genesi).
Gli anglosassoni, “reggitori supremi delle nostre sfortune”, furono costretti dal malgoverno grillino a ricorrere alla politica dei due forni idealistici, abbandonando, temporaneamente, il post-comunismo e coltivando, alla bisogna, il neo-fascismo.
Il momento del “melonismo” caratterizza la vita politica attuale dell’Italia.
Ciò ha suggerito a Conte, nuovo leader del Movimento 5 Stelle, di rispolverare il vecchio odio dei comunisti d’antan per la politica egemonica, espansiva e guerrafondaia dei Nord-Americani.
E così, riprendendo un tema “antibellico” che da sempre serpeggia anche nell’America “guerrafondaia”, il discepolo di Grillo ha continuato nell’opera del suo Maestro di tenere buoni i trinariciuti guareschiani e legarli all’obbedienza “cieca, pronta e assoluta” sulla base della semplice considerazione che il Capo “sa sempre quel che fa”.
Non a caso, la svizzera e italo-americana Elly Schlein ha guardato subito con malcelata simpatia a “Giuseppi” e non ad altri leader democratici: ha compreso l’intuizione di Trump nel chiamare Conte con un nome al plurale.
E per come sembra che stiano andando le cose nel mondo …la circostanza non è priva di rilievo.
LUIGI MAZZELLA