«La pace fiscale che oggi il ministro Matteo Salvini ha ipotizzato sarebbe fondamentale per dare respiro a famiglie e imprese. Sarebbe una misura di democrazia per ristabilire equità a un Paese che non sembra più fondato sul lavoro, ma sembra fondato sulle tasse». Lo dichiara la presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara. Secondo i dati aggiornati del Centro studi di Unimpresa, la pressione fiscale in Italia, è passata dal 39% del 2005 al 43,5% del 2023: in 17 anni, il peso delle tasse rispetto al “fatturato” del Paese, misurata cioè col rapporto tra le entrate complessive nelle casse dello Stato e il pil, ha compiuto una corsa al rialzo senza precedenti, con una crescita di oltre quattro punti in più. Il nostro Paese resta in cima alla classifica per il maggior carico di tasse, ma continua a essere uno di quelli in cui le prestazioni pubbliche offerte a cittadini e imprese (in termini di welfare e di servizi) è tra i meno generosi.
Un’analisi del Centro studi di Unimpresa ricorda che oltre il 75% del gettito fiscale in Italia arriva da Irpef e Iva: se la tassa sui redditi da lavoro dipendente vale, con i suoi 205,8 miliardi di euro, il 41,2% degli incassi dello Stato, il balzello sui consumi si attesta, con 171,6 miliardi, al 34,3%. Lavoro e consumi che fruttano 377,4 miliardi su quasi 500 miliardi complessivi di gettito, mentre tutti gli altri tributi e imposte – compresi i prelievi sui big della finanza e sulle rendite finanziarie – valgono 122,4 miliardi, pari al 24,5% del totale. I fumatori pagano 11 miliardi (2,2%) per il loro vizio, mentre da giochi e lotto arrivano 5,6 miliardi (1,1%). Dalle imprese, comprese le grandi aziende, le banche e i gruppi industriali, nelle casse pubbliche arrivano “solo” 45,6 miliardi (9,1%) e i proventi finanziari, invece, assicurano l’1,8% del gettito (8,9 miliardi).
«Il nostro sistema Paese è frenato da un impianto tributario che zavorra, sotto molteplici punti di vista, le attività economiche: sulle nostre imprese e sui lavoratori pesano aliquote e prelievi fiscali tra i più alti nell’Occidente e a ciò si aggiunge una architettura normativa che strangola sul piano operativo i contribuenti» aggiunge Unimpresa. «Non è un caso che regole così farraginose e complesse ogni anno diano il via a una valanga di ricorsi, segno che il rapporto tra amministrazione finanziaria e cittadini calpesta quotidianamente i principi dello Statuto del contribuente. E non è un caso che centinaia di miliardi di euro di imposte accertate, proprio sulla base di leggi e regole astruse, non si riescano a recuperare» conclude la nota di Unimpresa.