Una organizzazione, che sarebbe stata dedita al traffico illecito di rifiuti pericolosi e che avrebbe operato nell’intera provincia di Taranto, è stata smantellata nel corso di una operazione della Capitaneria di porto – Guardia Costiera del capoluogo jonico, a seguito di una indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce. Il gip del tribunale del capoluogo salentino ha disposto il sequestro preventivo, su richiesta del pubblico ministero Milto Stefano De Nozza, di una cava dismessa destinata a discarica abusiva che si estende per una superficie complessiva di circa quattro ettari di terreno con capacità contenitiva accertata di oltre 300.000 metri cubi, in cui risultano illecitamente ‘tombati’ in un lungo arco temporale migliaia di tonnellate di rifiuti indiscriminati.
Sigilli anche a cinque motrici e relativi rimorchi di proprietà della società incaricata del trasporto dei rifiuti dal sito di produzione al luogo di illecito smaltimento. E’ stato effettuato, inoltre, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca obbligatoria del profitto di reato, in relazione al reato di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti, dei saldi attivi di conti correnti bancari e/o postali, ovvero in forma di sequestro per equivalente di un ammontare complessivo di oltre 1.200.000 euro. Tre le società coinvolte, otto, invece, gli indagati a vario titolo di quanto contestato, nei cui confronti, si è proceduto anche alla sospensione dei titoli abilitativi all’esercizio delle attività. L’operazione è stata denominata ‘San Cataldo’. Le attività investigative, condotte per mesi dalla Guardia Costiera di Taranto, hanno riguardato i lavori di rettifica, allargamento e adeguamento strutturale della banchina di Levante del molo San Cataldo e di quelli di consolidamento della calata del porto di Taranto.
Si ritiene che l’organizzazione, composta da tre società, fosse dedita al traffico illecito di rifiuti e che, con più operazioni continuative e attraverso l’allestimento di più mezzi, avrebbe posto in essere una gestione strutturata ed abusiva nelle tre fasi di produzione, trasporto e smaltimento, di ingenti quantità di rifiuti pari a 16.264,75 tonnellate di terre e rocce da scavo, molti dei quali privi delle analisi di caratterizzazione e parti dei quali costituiti da fanghi di dragaggio qualificati illecitamente come terre e rocce da scavo. Inoltre i materiali misti di demolizione sarebbero stati interamente conferiti in un impianto esclusivamente autorizzato, a suo tempo, al recupero in procedura semplificata e lì smaltiti mediante tombamento. In questo modo il sito di stoccaggio per il recupero sarebbe stato trasformato in un sito di smaltimento e, quindi, in una discarica abusiva di oltre 40.000 metri quadrati circa di estensione e ciò al fine di conseguire un ingiusto profitto.