Cure Palliative Oncologiche, un viaggio in compagnia di Ferruccio Aloè e Valeria Massari VIDEO

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Il mio pezzo di oggi.

Inizio con una citazione, il cui spunto psicoanalitico ce lo fornisce lo studioso  Jacques Lacan: « Il soggetto della psicoanalisi è il soggetto della scienza. Non c’è psicoanalisi senza scienza moderna, ma mentre la scienza non si occupa del soggetto, puro riferimento simbolico, svuotato di ogni rappresentazione, errore soggettivo, la psicoanalisi si occupa proprio di esso.» In Italia, gli ammalati oncologici sono in aumento e la medicina classica riesce a risolvere circa il 60% dei casi, quelli per intenderci che possono essere curati con buone prospettive di vita, il 40%, quelli con prognosi infausta, non hanno un percorso terapeutico specifico. Valeria e Ferruccio si occupano proprio di una parte di quel 40%,  grazie ad un programma di cure palliative. Sono soci fondatori dell’associazione cure palliative domiciliari “Butterfly” che ha sede a Bari in via Tommaso Fiore.

La “Butterfly” è nata nel 2010 e l’impegno degli operatori è racchiuso in un dogma ripreso da Papa Francesco “curare anche quando non si può guarire. La felicità, meglio la consapevolezza condivisa, sono le armi contro l’indomita sofferenza” Valeria avvocato e pittrice e Ferruccio medico anestesista insieme a tutti i volontari, medici, infermieri, psicologi, assistenti sociali e volontari laici, con la loro associazione convenzionata con la Asl Bari hanno fatto della loro missione un scopo, una ragione di vita verso coloro che stanno per perdere la vita. Una vera forza della natura.

Ho conosciuto Valeria e Ferruccio presso l’ex Chiesa di San Giuseppe situata nella cornice pittoresca del centro storico di Conversano e che per l’occasione ospita la personale di pittura “ Il Volto dell’Altro” della stessa Valeria. Si capisce subito che hanno molto in comune poiché sono coppia nella vita reale e volontari impegnati nella ricerca  dell’empatia quale varco per accedere in quel profondo dolore che i malati terminali e le loro famiglie stanno per affrontare. Ferruccio è come una poesia, il primo verso è: «smantellare la “congiura del silenzio” una sorta di blocco emotivo e strutturale che impedisce all’ammalato e alla famiglia di ascoltarsi. La congiura del silenzio fa sì che l’ammalato sappia una verità minima e che preferisce veicolare le informazioni alla famiglia. Egli si isola e comincia a morire». Valeria e Ferruccio per scardinare questo contorto meccanismo adottano il metodo dell’ascolto: «iniziamo a curare con empatia in modo naturale semplice ma efficace, facciamo in modo che tutti incomincino a condividere, a confrontarsi, a misurarsi, a conoscere le proprie ragioni».

Ascolto rapìto, sinceramente colpito perché incomincio a capire non tanto lo scopo, la mission, ma la capacità di spaccare la catena, quella catena del …tanto per me è finita e di convertire la paura della morte in qualcosa di inevitabile, di intimo.

Chiedo a Ferruccio cosa sono, in cosa consistono e perché ricorrere alleCure Palliative?

«Noi della Butterfly ci occupiamo di cure palliative a domicilio perché rispondono all’esigenza di organizzare risposte integrate, coerenti e continuative centrate sui bisogni dei pazienti e di coloro che li assistono. L’assunzione di responsabilità, l’integrazione dei ruoli e di tutte le risorse disponibili sul territorio sono condizione importante per elevare la qualità degli interventi. La collaborazione fra tutte le professionalità coinvolte favorisce un approccio assistenziale di qualità alla persona malata. La famiglia è soggetto e oggetto di cura. I familiari sono incoraggiati a partecipare e contribuire attivamente al programma di cure palliative, rappresentando nella maggior parte dei casi la più preziosa fonte di calore umano e di solidarietà per il loro congiunto.Gli operatori che si occupano di cure palliative spostano l’attenzione dal guarire al “prendersi cura”, dedicandosi al controllo dei sintomi (in primis il dolore) e alla qualità della vita. Considerando il malato nella sua unità psico-fisica, propongono il tipo di intervento terapeutico – assistenziale più adeguato” ».

Chiedo a Valeria perché è importante ricorrere alle Cure palliative?

« La decisione di ricorrere alle cure palliative rappresenta un atto d’amore, una testimonianza di rispetto per la vita, l’affermazione della dignità individuale. Le cure palliative contribuiscono ad affrontare con maggior consapevolezza e pienezza la parte finale della vita. Aiutano la persona malata ad affrancarsi dalla sofferenza fisica e sostengono emotivamente all’accettazione dell’imminente compiersi dell’esistenza. Le cure palliative rappresentano un progetto terapeutico finalizzato a favorire la migliore qualità di vita fino all’ultimo istante per la persona malata e per i suoi familiari. Rispettano la vita e, poiché considerano il morire un processo naturale, non sono mai finalizzate né ad accelerare il decesso né a ritardarlo.”»

La conversazione è ricca di contenuti e spunti che guardano ad un mondo straordinario, teso ad aprire una breccia sulle barriere individuali di coloro che affrontano la fase finale di vita.Non è un modo come un altro per nascondere la verità è invece l’epilogo della sofferenza che si tramuta in accettazione della fine terrena, la morte.Molti hanno difficoltà ad affrontare apertamente il tema della morte con un malato terminale, ritenendo, erroneamente, che la persona malata non desideri parlare della propria condizione o che ne possa essere turbato. Invece è proprio il dialogo, che stimola quel necessario processo di consapevolezza e accettazione del proprio stato. Consapevolezza che consente al paziente di operare le giuste scelte terapeutiche e congedarsi dai propri affetti.

La morte è uno dei grandi temi sui quali l’uomo si interroga da sempre, una condizione inevitabile con la quale, prima o poi, tutti dobbiamo confrontarci. C’è chi l’ha temuta e chi l’ha esorcizzata con l’ironia, chi l’ha sfidata e chi, in modo epicureo, l’ha accettata. Disse bene Marco Aurelio. “Non disprezzare la morte ma accoglila di buon grado perché anch’essa è un ente tra quelli che natura vuole essa avviene una volta sola e non c’è alcuna possibilità di ripeterla perché riesca meglio.” Questa consapevolezza può buttarci nello sconforto oppure spingerci a vivere con maggiore intensità prima dell’inevitabile fine.

Stiamo conversando da un bel po’ ma non ce ne accorgiamo, ci immergiamo nuovamente e sempre di più, ma arriva il tempo del congedo. Una forzatura che vorrei posticipare a lungo poiché ritengo che i lettori debbano sapere che nella sofferenza di un malato oncologico e delle loro famiglie, anche quando sembra che il mondo ti abbia spezzato la felicità c’è ancora molto da fare.  Ferruccio e Valeria sembrano levitare tanto sono presi dallo spiegare il loro “modo di vivere fino alla fine”  –«Una prima tecnica che adottiamo è la terapia del tocco, fisica ed emotiva. Tracciamo subito un percorso senza mettere limiti. Accarezziamo l’ammalato, lo coccoliamo, parliamo, portandolo verso il nostro obiettivo: assisterlo come un malato terminale consapevole».

Chiedo ai due associati il punto di vista bioetico tra la metodica della sedazione palliativa terminale e l’eutanasia: “La sedazione profonda non accelera il percorso che porta al decesso del paziente, che avverrà in modo fisiologico, ma col paziente addormentato. L’eutanasia provoca invece la morte di una persona tramite la somministrazione di alcuni farmaci o tramite la sottrazione del sostegno vitale per il paziente.” Poi oggi finalmente è stato istituito il D.A.T. Disposizione al Trattamento Anticipato ,anche detto “biotestamento” o “testamento biologico” sono le disposizioni che permettono ad ogni persona, maggiorenne e capace di intendere e volere, di esprimere il proprio consenso o rifiuto su accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti. Semplicemente è vietare l’accanimento terapeutico, una pratica inaccettabile quando il paziente è tenuto in vita ai soli fini egoistici e sperimentali”».

Dove non arriva la medicina resta la consapevolezza.

 

Franco Marella

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