“Esattamente come i Riva di tanti anni fa, anche Acciaierie d’Italia si preoccupa di comunicare solo cio’ che ritiene utile per portare acqua alle sue tesi, omettendo di indicare quello che numerosi studi scientifici hanno appurato da tempo e cioe’ che gli inquinanti originati dalla produzione industriale rendono piu’ patogene le polveri tarantine”. Lo dichiarano Lunetta Franco, presidente di Legambiente Taranto, e Ruggero Ronzulli, presidente di Legambiente Puglia, in merito alla nota con cui nei giorni scorsi Acciaierie d’Italia ha rilevato come “il rispetto dei limiti emissivi dello stabilimento di Taranto sia certificato dai documenti 2021 di Ispra, Arpa Puglia e Legambiente. La societa’ ne fa discendere – evidenzia Legambiente – che cio’ testimonierebbe l’assenza di criticita’ in merito alla qualita’ dell’aria della citta’”. Secondo i due esponenti di Legambiente, “il presidente e l’amministratore delegato di Acciaierie d’Italia devono preoccuparsi di fornire ai cittadini di Taranto un documento che continua a mancare: la valutazione preventiva dell’impatto sanitario della attuale produzione dell’impianto siderurgico”. Si aggiunge che “Arpa Puglia, Aress Puglia e Asl di Taranto, hanno attestato a maggio del 2021, nell’ambito del procedimento di riesame dell’Aia, la permanenza di un rischio sanitario residuo non accettabile relativo ad uno scenario di produzione di 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio, cioe’ la produzione attualmente autorizzata per lo stabilimento di Taranto”. Se, concludono Franco e Ronzulli, “sono cosi’ sicuri della attuale assenza di criticita’ in merito alla qualita’ dell’aria del capoluogo jonico, cosa aspettano a chiedere essi stessi ad Arpa Puglia, Aress Puglia ed ASL di Taranto di verificare se, per una produzione di 3, 4 o 5 milioni di tonnellate annue di acciaio, questo rischio sussiste o meno?”.